venerdì 14 giugno 2013

Quello che avrebbe potuto essere.

Sono una scrittrice.

Mi sono trasferita in Toscana qualche anno fa perché mi sono innamorata di un casolare su una collina, così l'ho acquistato e l'ho arredato in perfetto stile country.
È piuttosto isolato, il vicino più vicino è a qualche chilometro di distanza ma io questo volevo: un posto tranquillo e silenzioso dove poter scrivere e seguire i miei personaggi e le loro storie che mi si intrecciano nel cervello. Più che inventare storie infatti io mi limito a mettere per iscritto quello che loro fanno e dicono, è così che loro vogliono e io posso solo limitarmi ad assecondarli.
Magari un giorno mi sveglio e penso che loro faranno x, e quando mi siedo a scrivere sul mio Mac sotto alla quercia dietro casa loro fanno y.
È il loro modo per dirmi che sono vivi e padroni del loro destino. A me non rimane che sorridere e chinare la testa.
Dopo pranzo di solito bevo un caffè e mi metto sul dondolo sotto al portico, abbracciandomi le ginocchia e lasciando cadere le ciabatte per terra; aspetto che Bobby venga a mordicchiarmene una accoccolandosi sotto al dondolo per una carezzina sul muso e mi godo il colore delle colline che si litigano la mia attenzione.
Poi torno a scrivere.
La sera, se ho voglia, con Bobby vado in paese dove la gente mi conosce poco ma nonostante questo mi vuole bene. Sono incuriositi da me, sanno che sono "quella che scrive" e vorrebbero tutti finire da qualche parte nei miei libri, come se potessi decidere io di chi scrivere...
La notte poi.. 
La notte le stelle sfilano tutte davanti la finestra della mia camera al piano di sopra, il gelsomino mi solletica il naso e mi canta una ninna nanna di altri tempi, di altre vite. Il vento leggero mi abbraccia e va oltre, non si ferma mai lui... La luna, quando ne ha voglia, illumina il davanzale della finestra mostrando la via alla piccola coccinella solitaria.
Dormo sempre con la finestra aperta.
Non posso lasciare fuori tutto questo.

martedì 4 giugno 2013

Socialismo da bar

Mentre aspetto che mi portino il cappuccino, mi godo l'arietta fresca che si infila sotto al portico del bar. Da qualche anno è gestito da una famiglia cinese e ammetto che sulle prime avevo qualche pregiudizio nel farmi servire un cappuccino da un asiatico, ma con molta soddisfazione ogni pregiudizio si è presto dileguato lasciando il posto ad una timida simpatia.

Proprio davanti al cappuccino di cui sopra, si ferma una di quelle motorette a 3 ruote, con il cestino davanti e un signore sull'ottantina sopra, tra l'altro vestito di tutto punto: completo con giacca e pantaloni e sotto alla giacca un pullover rosso.
Si avvicina con, devo dire, una certa grinta al gruppetto di suoi coetanei 2 tavolini più in là, appoggiandosi ad un bastone tirato fuori da non so dove.
Gli amici del bar che lo stavano aspettando lo salutano chiassosamente in dialetto, che tradotto nella lingua corrente suona più o meno così: "beh Giovanni, hai un bel golfino oggi! Sembri un vero socialista!" scoppiando subito dopo in una risata ancora più chiassosa.
Erano anni che non sentivo questa battuta... Di questi tempi poi un po' mi ha fatto venire la malinconia. Mio padre la usava spesso in diverse occasioni, poi dev'essersi persa da qualche parte tra un Berlusconi e... un altro Berlusconi.
Tutto questo siparietto di goliardia anni 80, nel vero senso della parola, mi ha fatto sogghignare un bel po'; chissà cosa pensano i cinesi di noi italiani capaci di "perdere" così tanto tempo seduti al tavolino di un bar anche quando abbiamo finito il cappuccino da ore, come la sottoscritta, e a parlare dialetto e salutare per nome tutti quelli che vanno e vengono.

Ma ecco che il nostro Giovanni riprende la sua strada a cavallo della sua motorina elettrica rosso fiammante. Sale sul sedile, appende il bastone al poggia testa (ecco dove lo teneva) e mette in moto. 
Solo per tornare dopo qualche minuto, sedendosi però ad un altro tavolino, con altri amici a parlare d'altro.